lunedì 13 settembre 2010

gli occhi non sorridono mai




gli occhi non sorridono mai. e i sorrisi autentici, scaturiti dal cuore prima che dalle labbra, sono ancor più rari.
l'illusione che vada tutto bene è svanita da un pezzo, prima che iniziassi la mia intera carriera scolastica (ovviamente fallimentare).
mi raccontano che ho iniziato a parlare tardi, tardissimo, praticamente a quasi cinque anni, pronta, volente o meno, per affrontare le elementari da primina. fino a quel momento mi esprimevo con sguardi, gesti e ampi silenzi. molte volte tentavo di inviare il mio gatto, mio fido amico e compagno, come ambasciatore di un mio volere o esigenza ma non sempre ottenevo la sua disponibilità e collaborazione.
ho sempre giocato da sola: la compagnia mi metteva già all'epoca in soggezione perchè intuivo distintamente la differenza che intercorreva tra me e i bambini che mi stavano attorno. silenzio e grida stridono tra loro e io lo sapevo. disegnavo, coloravo, scrivevo pensieri(ni) su quaderni che rilegavo con amore e cura: più che i giochi di un bambino sono i canali espressivi di chi vuol far credere di essere diventato adulto ma sa, in cuor suo, che non c'è nulla di più distante dal vero.
in tenera età vivevo per lo più sotto i tavoli, quasi fossero le tane sotterranee che le volpi scavano per rifugiarsi dall'aspro mondo selvaggio. io mi rifugiavo dal mio che è sempre parso più una gabbia che un pascolo verdeggiante.
ho sempre avuto questa inquietudine pulsante dentro di me, aggrappata strenuamente al mio sterno di bambina, invecchiata senza essere cresciuta.
quando mi dicono "sei strana" penso a cosa c'è di normale al giorno d'oggi e mi pare di vivere un paradosso esistenziale da cui non vi è ritorno. in risposta non dico mai nulla. mi limito a fissare il mio interlocutore con aria assente e dentro di me si scandiscono sempre le stesse parole "me dispiace, ma io so' io e voi non siete un cazzo!" arriccio le labbra, sorniona sorrido sotto i baffi. in tutta sincerità non credo a quella frase partorita mentalmente ma così sdrammatizzo l'insostenibile pesantezza di chi sa di essere diverso.

.tratto da una lettera a un'amica.